Guerre, le foniture di armi.C’è chi si arricchisce sulle morti di essere umani

(di Rosario Murro) -Mentre è in corso il dibattito nazionale ed europeo sul nuovo invio di armi all’Ucraina , crescono le forniture di armi in Ucraina. Miliardi di Euro sborsati dai vari Paesi Nato e dei loro alleati cifra che sarà destinata a crescere parecchio.

E’ consuetudine , dietro ogni guerra, oltre le centinai di migliaia di morti e distruzione di intere città c’è la produzione delle armi.

La produzione di armi e sistemi d’arma sono prodotti industriali di altissimo livello perché incorporano il meglio della tecnologia disponibile e dietro la produzione ci sono ingenti guadagni da manager e azionisti e non solo.

Non tutti i Paesi hanno una filiera industriale che possa produrre armi direttamente, oggi le armi sono prodotti di largo consumo , così come auto e lavatrici. C’è da considerare anche la concorrenza nello specifico settore.

La vendita delle ‘naviga’ e prospera all’interno di conflitti bellici , gli acquirenti: marine , eserciti , ed aviazioni; c’è anche un’altro mercato , quello elle esercitazioni , mentre le guerre sono i luoghi di consumo.Più estese saranno le esercitazioni e le guerre sia in termini temporali che di dimensione geografica maggiori saranno gli stock consumati, maggiori le occasioni di testare nuovi “prodotti”, maggiori saranno i profitti per azionisti e manager dell’industria di riferimento (comprese le grandi multinazionali delle ri-costruzioni).A questo punto , se non ci sono guerre v, come potrebbero sopravvivere le industrie che producono armi? Ecco perchè ,una industria militare senza guerra è destinata al fallimento in particolare quando si tratta di una società per azioni lanciata alla conquista del mercato interno e globale.
Ecco spiegato come mai il blocco euro-atlantico trainato dagli Stati Uniti, che comprende Paesi Nato ed extra-Nato anche nel quadrante del Pacifico, è in assoluto il più bellicoso ossia il responsabile diretto ed indiretto, negli ultimi trent’anni, della maggior parte dei conflitti armati, delle stragi di civili e crisi umanitarie degli ultimi sette anni.
In Italia la maggioranza dei cittadini maggioranza non risiede nello schierarsi in una guerra tra superpotenze ma nel rilancio della scuola e della sanità pubbliche, nell’investimento in cultura e ricerca, nel reddito, nella grande opera di manutenzione del territorio, nella vera conversione ecologica che potrà garantirci un futuro. Di questo ha bisogno il Paese e solo una politica estera sganciata dall’atlantismo e dai fatturati dell’industria bellica e rivolta alla cooperazione strategica equa e proficua potrà accompagnarne il passo.