Aumento IVA: +103 euro a famiglia

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Nonostante il nuovo Governo stia cercando una soluzione, il rischio che a luglio venga aumentata l’aliquota IVA non è  per nulla scongiurato. Un’ulteriore batosta sui consumi già fortemente ostacolati dalla crisi e dall’eccessiva pressione fiscale. Secondo gli ultimi dati Istat (riportati dallo stesso Presidente Istat Enrico Giovannini nel corso di un’audizione in sede di approvazione del Def 2013), nel biennio 2011-2012 è stata infatti registrata una riduzione della spesa per consumi pari al 4,3%, contro il 2,6% rilevato in relazione al biennio 2008-2009, considerato l’apice della crisi. Una tendenza assolutamente negativa. Nella speranza quindi che si trovi un modo per evitare l’inasprimento dell’imposta, occorre “prepararsi” facendo qualche previsione sull’aggravio che detto rincaro potrebbe determinare sui conti degli italiani.

E alle stime ci ha pensato proprio la CGIA di Mestre che, a parità di comportamenti di consumo, ha stabilito che il passaggio dell’IVA al 22% comporterebbe un incremento medio annuo di 103 euro per una famiglia di quattro componenti. Onere che si riduce a 88 euro per un nucleo familiare di tre persone. Chiaramente, poiché tali valori sono calcolati su base annua e l’aumento dell’imposta coinvolgerà solo 6 mesi del 2013 (applicandosi appunto dal 1° luglio), occorre dimezzare le predette cifre rispettivamente a 51,5 euro e 44 euro. In ogni caso, il maggiore onere che i consumatori dovranno sostenere nel 2013 si attesta attorno ai 2,1 miliardi di euro, giungendo a 4,2 miliardi nel 2014.

Ma per quali prodotti l’aumento fiscale si farà più sentire? Innanzitutto, sempre secondo la CGIA, andare dal benzinaio per un pieno o dal carrozziere per una riparazione costerà 33 euro all’anno in più per una famiglia di tre persone, e 39 euro per un nucleo allargato di quattro componenti. Seguono poi gli acquisti di vestiario e calzature con rispettivamente 18 euro e 20 euro di aggravio, e le spese per mobili, elettrodomestici o articoli per la casa con 13 e 17 euro in più da pagare. Nulla cambia invece per alimentari, sanità e istruzione che, essendo beni di prima necessità, sottostanno alle aliquote ridotte del 10% e del 4%.

Le cifre appena esposte, in un certo senso, sottostimano tuttavia il reale impatto che un’IVA più gravosa può determinare sui consumi. Resta quindi l’obiettivo primario di evitare l’incremento del 1° luglio, così come auspicato dallo stesso segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi: “Bisogna assolutamente scongiurare questo aumento. Se ciò non avverrà, corriamo il serio pericolo di far crollare definitivamente i consumi che ormai sono ridotti al lumicino. Questa è una crisi economica che va affrontata dalla parte della domanda: solo incentivando i consumi interni possiamo rilanciare la produzione”. Facendo invece il contrario “siamo destinati ad accentuare la fase recessiva che comporterà– conclude Bortolussi – un aumento delle chiusure aziendali e la crescita del numeri dei senza lavoro”.

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