Londra, l’Alta Corte dice SI al ‘Piano Ruanda’. Soluzione, o deportazione migranti?

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 Fa discutere la decisione del ‘Piano Ruanda’ ideato dal Governo della Gran Bretagna – Stato libero e democratico –  come soluzione migratoria – una sorta di deportazione – di migranti richiedenti asilo giunti entro i propri confini nazionali verso un altro Paese, a migliaia di chilometri di distanza, è difficile da credere.

Eppure è successo davvero. E ora la proposta ha anche ricevuto l’imprimatur del massimo organo giurisdizionale.

L’alta Corte di Londra si è espressa i con parere favorevole al “Piano Ruanda”, pensato in chiave anti-immigrazione, presentato mesi fa dal governo di Sua Maestà britannica.

Un’iniziativa nata in primavera da un accordo (a pagamento) sottoscritto con le autorità di Kigali, la capitale dello Stato africano. Un patto attraverso il quale l’esecutivo conservatore del Regno Unito, guidato da Rishi Sunak, mira in linea teorica a scoraggiare almeno in parte l’afflusso record di questi mesi di “clandestini” sull’isola; e lo fa prevedendo di poter, di fatto, “deportare” una quota di richiedenti asilo, in attesa di risposte da strutture “di accoglienza” ad hoc create in Ruanda.

L’Alta Corte di Londra ha dichiarato formalmente “legale” il progetto, dando ragione in termini di giurisprudenza interna all’esecutivo; e torto alle organizzazioni umanitarie e internazionali, in testa gli avvocati di Care4Calais, che avevano fatto ricorso. Il verdetto, che i ricorrenti intendono appellare, arriva sullo sfondo di una situazione complicata per Downing Street, alle prese con uno scenario segnato nel 2022 lungo le rotte della Manica dallo sbarco di circa 45mila migranti, contro i 28.526 censiti l’anno scorso, smentendo le tante promesse di un controllo più serrato dei confini post-Brexit.

Nel Paese non mancano le voci critiche, oltre alle associazioni umanitarie: nonostante il Piano, in base a recenti sondaggi, abbia riscosso il gradimento della maggioranza degli elettori, il biasimo si estende ai responsabili dell’Onu, della Chiesa anglicana e di altre confessioni religiose. Anche il re Carlo III (qualche mese fa, in privato, quando era ancora principe di Galles) si disse contrario all’operazione.

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