PEC (posta elettronica certificata) obbligo di risposta: la legge lo impone? Facciamo chiarezza

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Sulla normativa relativa all’obbligo di risposta a un messaggio di posta elettronica certificata

Il particolare status delle PEC che le distingue dalle semplici e-mail, ovvero il loro valore legale equivalente alle raccomandate con ricevuta di ritorno, fa sì che i possessori di questo servizio si chiedano spesso se, in caso ricevano una comunicazione che richiede una risposta, debbano necessariamente fornire un riscontro.

Cosa dice la legge italiana in merito? È obbligatorio rispondere alle PEC o, al contrario, è possibile ignorarle?

Questa la normativa italiana in merito all’obbligo di risposta a una PEC

Il diritto italiano non impone ai privati l’obbligo di rispondere a comunicazioni come PEC, raccomandate o altri tipi di corrispondenza. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni a questa regola. La scelta se inviare, o meno, un riscontro a un messaggio di posta elettronica certificata è sempre facoltativa, in ogni situazione.

Per altri tipi di utenti, ovvero non privati, invece, possono esserci delle eccezioni. Ad esempio, la Pubblica Amministrazione è obbligata a rispondere entro 30 giorni a richieste di accesso agli atti, come l’accesso documentale, l’accesso civico o l’accesso generalizzato. Inoltre, alcuni statuti comunali prevedono che l’ente pubblico debba rispondere per iscritto a ogni istanza avanzata dai cittadini.

Nonostante questo obbligo, però, c’è sempre la possibilità che il cittadino non riceva una risposta. Per evitare questa possibilità si consiglia, nelle comunicazioni via PEC con la Pubblica Amministrazione che richiedono un riscontro, di inviare il messaggio certificato aggiungendo nel corpo del testo la seguente dicitura “Ai sensi e per gli effetti della legge 241/1990 lo scrivente richiede una risposta scritta alla presente istanza e segnala fin d’ora che non terrà conto di eventuali risposte telefoniche o verbali” tenendo a mente che, per legge, la PA ha un massimo di 90 giorni per dare una risposta ufficiale.

Possibili conseguenze della mancata risposta a una PEC

Quanto detto fino a questo momento, però, non significa che la mancata risposta a una PEC sia priva di conseguenze: d’altronde questo sistema di comunicazione è equivalente dal punto di vista legale a una raccomandata con ricevuta di ritorno e, pertanto, valgono le stesse dinamiche legate a quest’ultimo metodo di corrispondenza cartacea.

Facciamo alcuni esempi pratici per chiarire questo punto.

Un lavoratore dipendente e di ricevere una lettera di contestazione via PEC da parte del suo  datore di lavoro. Chi l’ha ricevuta è libero di non rispondere ma, in questo caso, la conseguenza potrebbe essere il licenziamento, proprio come avviene quando tale comunicazione viene spedita per raccomandata A/R.

Allo stesso modo, ipotizziamo  di ricevere una multa via PEC e di non rispondere. Ovviamente, in una situazione del genere si potrebbero subire  le normali conseguenze legali del mancato pagamento di una sanzione amministrativa.

Insomma, nonostante, in qualità di privato, c’è sempre la libertà di scegliere se rispondere o meno a una PEC, è consigliabile prendere sempre in considerazione le possibili conseguenze, considerando questo sistema di comunicazione come analogo alle raccomandate con ricevuta di ritorno.

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