L’Italia invecchia. Anziani anche con problemi di salute

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il rapporto percentuale tra il numero degli ultrassessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni. Ad esempio, nel 2021 l’indice di vecchiaia per l’Italia dice che ci sono 182,6 anziani ogni 100 giovani. ( i dati riportati sono di Istat)

Il mondo degli Anziani è composto 4 milioni di soggetti con gravi limitazioni motorie, sensoriali o cognitive

Sono circa 3 milioni e 860mila gli anziani con gravi difficoltà nelle attività funzionali di base (il 28,4%

della popolazione di 65 anni e più). Di essi, 2 milioni 833mila (20,9%) hanno gravi difficoltà nel

camminare, salire o scendere le scale senza l’aiuto di una persona o il ricorso ad ausili, 1 milione

874mila (13,8%) riferiscono gravi difficoltà nell’udito o nella vista anche con l’uso di ausili, 1 milione e

113mila (8,2%) hanno gravi difficoltà nella memoria o nella concentrazione.

Al crescere dell’età la quota di anziani con gravi difficoltà funzionali aumenta progressivamente: tra i

65-74enni è al 14,6%, raddoppia al 32,5% tra gli anziani di 75-84 anni e quadruplica tra gli ultra

ottantacinquenni (63,8%).

La quota di donne di 65 anni e più con gravi difficoltà funzionali supera quella degli uomini della stessa

età in tutte le attività di base considerate.

Nel camminare oppure salire o scendere le scale, le anziane mostrano maggiori difficoltà già a partire

dai 65 anni (+3,4 punti percentuali rispetto agli uomini) fino a un gap di genere di quasi 20 punti dopo

gli 85 anni (59,1% per le donne contro 40,2% per gli uomini). Fra le donne le maggiori difficoltà nel

ricordare o nel concentrarsi si osservano dopo i 75 anni (16% contro 9,3% degli uomini). Sono più

attenuate le differenze di genere per le difficoltà nella vista e nell’udito in tutte le fasce di età.

Rispetto al 2015, eliminando l’effetto della diversa struttura per età, diminuiscono le quote di donne con

gravi difficoltà nelle attività motorie (da 25,9% nel 2015 a 23,4% nel 2019) e sensoriali (da 15,3% a

13,0%) a fronte di una sostanziale stabilità per gli uomini. Si riduce per entrambi i sessi la quota di

quanti riferiscono gravi difficoltà nella memoria o concentrazione (da 7,9% a 6,0% per gli uomini, da

11,1% a 8,7% per le donne).

Pronunciate le diseguaglianze per territorio

Le persone con gravi difficoltà nelle funzioni di base sono più concentrate nelle regioni del Mezzogiorno

(32,1%, quoziente standardizzato) rispetto al Centro (25,5%) e al Nord (22,9%). Lo svantaggio del Sud

e delle Isole è particolarmente pronunciato per le difficoltà motorie, per le quali si registra un tasso

standardizzato del 24,7% contro il 17,6% del Centro e il 15,8% del Nord. In particolare per le donne il

valore supera il 30%, contro il 20% circa nel Centro e nel Nord. Le differenze territoriali rimangono

invariate a distanza di cinque anni.

Altro fattore importante , le difficoltà nella cura della persona per un anziano su dieci.

In un paese come l’Italia, caratterizzato da un elevato invecchiamento della popolazione, è di

fondamentale importanza valutare il livello di autonomia degli anziani nelle attività quotidiane di cura

della persona e fornire un contributo conoscitivo per la definizione di adeguate politiche sociosanitarie.

Il 10,6% degli anziani (1 milione e 437mila persone) riferisce gravi difficoltà in almeno un’attività di cura

della persona: fare il bagno o la doccia da soli (9,8%), vestirsi e spogliarsi (6,7%), sdraiarsi e alzarsi

dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia (6,3%), usare i servizi igienici (5,7%) e infine mangiare da soli

(3,5%). Il 6% degli anziani presenta gravi difficoltà in tre o più attività. La scarsa autonomia in almeno

un’attività di cura personale riguarda quasi un quinto degli anziani di 75 anni e più (18,3%) e oltre un

terzo degli ultraottantacinquenni (37,2%).

La gran parte degli anziani con grave riduzione di autonomia nelle attività di cura della persona riferisce

anche gravi difficoltà nelle attività quotidiane della vita domestica. Si arriva quindi a circa 1 milione e

400mila di anziani (10,1%) con una forte riduzione di autonomia in entrambe le attività essenziali della

vita quotidiana.

A livello europeo i dati preliminari disponibili su 22 paesi mostrano l’Italia (10,1%) nella parte alta della

graduatoria decrescente insieme all’Austria (10,3%) a fronte di una media Ue22 pari all’8,5%.

Sommando al gruppo di anziani che hanno difficoltà in entrambe problematiche i 2 milioni 400mila che

dichiarano gravi difficoltà solo nelle attività domestiche, si raggiunge la cifra di circa 3 milioni 800mila

anziani che hanno severe limitazioni nelle attività quotidiane della vita domestica (28,4%).

Come prevedibile, è soprattutto nelle attività domestiche pesanti che gli anziani perdono più

frequentemente l’autonomia (25,7%). Seguono attività come fare la spesa (15,3%) e svolgere attività

domestiche leggere (12,7%). Il 10,7% ha difficoltà nel gestire risorse economiche e nel preparare i

pasti.

Rispetto al 2015 rimane stabile la quota di anziani con gravi difficoltà nelle attività di cura della persona

mentre diminuisce quella di ultrasettantacinquenni, sia donne che uomini, che dichiarano gravi difficoltà

nelle attività della vita domestica (30,3% nel 2015 e 27,7% nel 2019).

Anche per l’autonomia nelle attività quotidiane svantaggiato il Mezzogiorno

In forte svantaggio le persone anziane che vivono nel Sud e nelle Isole dove l’11,8% e il 12,7% hanno

gravi difficoltà nelle attività di cura personali contro il 7,2% nel Nord-ovest e l’8,0% nel Nord-est (tassi

standardizzati). Gli anziani con gravi difficoltà nelle attività della vita domestica sono il 31,6% nel Sud

e il 33,2% nelle Isole, contro il 20,9% nel Nord-ovest e il 21,9% nel Nord-est e il 23,4% nel Centro.

La famiglia pilastro nell’assistenza ma sempre più fragile.

La famiglia resta il principale sostegno cui possono far ricorso le persone anziane, anche se la rete di

aiuti familiari e quella di aiuti informali hanno subito nel tempo un forte ridimensionamento per le

dinamiche demografiche e i mutamenti sociali iniziati dagli anni ’60. In una situazione delle reti di aiuto

già critica, coorti di anziani sempre più numerose alimenteranno nel prossimo decennio la domanda di

assistenza, rendendo indispensabile la programmazione di adeguati interventi di welfare.

Anche nel 2019, soprattutto i familiari assicurano un aiuto agli anziani che hanno bisogno di assistenza

per le attività quotidiane di cura personale o domestiche. Oltre il 50% degli anziani riceve aiuto dai

familiari non in maniera esclusiva, il 17% si avvale di personale a pagamento e il 6,4% riceve aiuto da

altre persone (amici, associazioni di volontariato, ecc.). Nel complesso il 65,2% della popolazione over

65 con riduzione di autonomia non necessariamente grave, usufruisce di aiuti da parte di familiari, di

persone a pagamento o di altre persone.

Tra gli anziani che hanno gravi difficoltà nella cura personale (circa 1 milione 500mila persone), l’84,4%

riferisce di ricevere aiuti dai familiari (conviventi e non). Questa percentuale è composta dal 51,9% che

usufruisce solo dell’aiuto di familiari e dal 32,5% che viene supportato da familiari insieme ad altre

persone (assistenti agli anziani, altro personale a pagamento, assistenti domiciliari incaricati da enti

pubblici o privati).

Riceve assistenza a pagamento il 35,8% degli anziani con grave riduzione dell’autonomia nelle attività

essenziali di cura della persona. Ma l’accesso agli aiuti a pagamento dipende ovviamente dallo status

sociale e dalla disponibilità economica. Ne usufruiscono in misura maggiore gli anziani con redditi

elevati (48% appartenenti al quinto di reddito più elevato), mentre la quota si riduce alla metà tra quelli

con reddito basso (24,3% appartenenti al primo quinto di reddito).

Molto pronunciate le differenze territoriali. Si avvale di assistenza privata il 42,0% al Nord e il 26,6%

nelle regioni del Sud e delle Isole. Le differenze non si attenuano anche considerando i tassi

standardizzati per età (rispettivamente 40,7% e 25,9%).

Gli anziani che vivono soli, circa 670mila (oltre il 40% del collettivo selezionato), compensano l’assenza

del sostegno di familiari conviventi con un maggiore ricorso agli aiuti a pagamento (44%) e in particolare

alla figura della badante (31%). Tra gli anziani che vivono da soli la quota di quanti hanno l’aiuto dei

familiari (ovviamente non conviventi) è inferiore (73%) a quella degli anziani che vivono in un altro tipo

di contesto familiare, dove l’aiuto della famiglia supera il 93% e contestualmente si riduce il ricorso a

persone a pagamento (rispettivamente 28,6% e 21,3% per l’aiuto di badanti)

Carenza di assistenza e ausili soprattutto tra gli over 85 non autonomi

In Italia, il 44,2% delle persone di 65 anni e più con gravi difficoltà dichiara di non avere adeguati ausili

o assistenza. Nel confronto con altri paesi europei, l’Italia si colloca poco sotto la media dei paesi Ue22

(47,2%). Valori più elevati si rilevano soprattutto in alcuni paesi dell’Europa dell’est – Croazia (71,0%)

Bulgaria (67,5%), Romania (61,6%) – e più bassi per Lettonia (23,4%), Paesi Bassi (24,5%), Cipro

(30,4%) e Austria (32,4%).

Il dato complessivo rilevato in Italia del 44,2% di anziani con gravi difficoltà nelle ADL o nelle IADL e

carenze di assistenza o ausili, è costituito da due componenti: una quota del 6,9% che riferisce di avere

bisogno di ausili perché non ne dispone o perché non sono sufficienti quelli di cui si avvale e, da una

quota nettamente superiore (37,3%) che dichiara una carenza di assistenza, perché non ne usufruisce

affatto, o perché, nonostante riceva degli aiuti, avrebbe bisogno di maggior sostegno.

Guardando al collettivo più vulnerabile, quello degli anziani con grave riduzione di autonomia nella cura

personale, il 65,8% dichiara di non avere adeguati ausili o assistenza e oltre la metà (55,8%) ritiene di

non godere di un adeguato livello di assistenza. Si stima, quindi, che siano oltre 800mila le persone

anziane con gravi difficoltà che avrebbero bisogno di maggior assistenza per le attività fondamentali di

cura della propria persona. Consistente anche la quota di persone anziane con grave riduzione

dell’autonomia che non hanno sufficienti ausili, pari al 10% (circa 143mila persone). Si arriva quindi a

un totale di quasi un milione di anziani (945mila) con carenza di assistenza o di ausili.

Il bisogno di assistenza o di ausili degli anziani aumenta di circa 20 punti percentuali per i residenti nel

Sud e nelle Isole rispetto agli anziani che vivono al Nord (74,1% contro 56,2%) ed è maggiore tra chi

ha bassi livelli di reddito (il 77,2% rispetto al 61,7% tra chi ha più risorse economiche).

Questo collettivo di persone con grave riduzione di autonomia che lamenta una carenza di assistenza

o di ausili è composto in maggioranza da over85 (51,7%), mentre sono il 35,2% gli anziani tra i 75 e gli

84 anni e il 13,1% quelli tra i 65 e i 74 anni. Il gruppo più vulnerabile è costituito soprattutto da donne

(70,3%).

Le tipologie familiari che caratterizzano tale collettivo sono quelle tipiche della popolazione anziana:

quasi la metà (46,8%) vive solo, il 26,7% solamente con il coniuge, l’11,7% come membro aggregato

nel nucleo familiare dei figli e il 14,7% in altre tipologie familiari. Distinguendo per genere emerge il

netto svantaggio delle donne: il 55,4% vive da sola contro il 26,4% degli uomini. Infatti, nella

maggioranza dei casi gli uomini vivono in coppia (52,5%), a conferma che la partner, più spesso di

quanto non accada per gli uomini, si trova a ricoprire il ruolo di care giver principale.

Difficoltà nella mobilità per circa un terzo degli anziani

Il diritto alla mobilità, principio sancito a livello europeo e internazionale, è essenziale per assicurare

l’inclusione sociale in tutti i contesti di vita e dovrebbe essere garantito a tutti, anche alle persone che

hanno problemi di salute o difficoltà funzionali.

Con l’indagine chiamata Ehis sono rilevati alcuni problemi di mobilità, relativi in particolare a difficoltà nell’uscire

di casa, accedere a edifici oppure utilizzare mezzi di trasporto privati o pubblici secondo i propri desideri

o necessità. Oltre 4 milioni di persone anziane (31,5%) hanno difficoltà di spostamento per motivi di

salute o limitazioni funzionali. Fra le donne la quota sfiora il 40% (22,3% gli uomini) ed è più alta in tutte

le fasce di età fino a un massimo per gli over85 (74,1% contro 56,2%).

Livelli più elevati di anziani con difficoltà nella mobilità si registrano ovviamente tra gli anziani con

limitazioni delle funzioni motorie, sensoriali e cognitive (73,9%) e la quota supera il 90% tra quanti

hanno gravi limitazioni nelle attività della vita quotidiana di cura personale.

Le differenze territoriali sono pronunciate. A parità di struttura per età, la percentuale di anziani con

difficoltà nella mobilità causate da problemi di salute è pari al 25,0% al Nord, al 27,7,8% nel Centro e

al 36,1% nel Mezzogiorno. Lo svantaggio è particolarmente accentuato tra le donne del Mezzogiorno

(44,0% contro 30,3% nel Nord e 34,2% nel Centro).

Considerando il livello di gravità delle limitazioni, circa 2 milioni 800mila anziani (20,4%) riferiscono di

avere severe difficoltà (molta difficoltà/non in grado) in almeno uno degli aspetti della mobilità. Nel Sud

la quota raggiunge il 25% e fra le donne il 26,2% (contro il 12,9% degli uomini).

Come prevedibile, la condizione economica ha un forte impatto sulle possibilità di spostarsi della

popolazione anziana. La quota di quanti hanno difficoltà nella mobilità per motivi di salute è più elevata

tra chi ha un reddito più basso: tra gli uomini supera il 25% e tra le donne è circa il 44%, contro il 15%

degli uomini e il 31% delle donne con reddito alto.

Nel Sud difficoltà connesse anche a barriere ambientali

Gli anziani possono avere difficoltà nella mobilità, non solo per problemi di salute, ma anche per la

presenza di barriere ambientali. Queste limitazioni hanno un impatto sulla qualità della loro vita, perché

rappresentano un ostacolo alla piena partecipazione sociale e nel lungo periodo hanno una ricaduta

sul livello di autonomia e le condizioni di salute.

Il 3,3% della popolazione anziana soffre difficoltà causate da barriere ambientali (mancanza di mezzi

di trasporto, difficoltà nell’utilizzo dei mezzi di trasporto, carenza di strutture per l’accessibilità agli edifici,

ecc.). La quota è pari al 4% tra le donne e al 2,4% tra gli uomini. Permane lo svantaggio del Sud con

una quota del 4,4%, più elevata tra le donne (5,3%).

I ricoveri continuano a diminuire anche tra gli anziani.

Nell’anno precedente l’intervista, la quasi totalità degli anziani si è rivolta al medico di famiglia almeno

una volta (89,9%), circa due anziani su tre hanno fatto ricorso a visite specialistiche (66,1%) e uno su

due si è sottoposto a esami specialistici (49,3%).

Al Sud è più bassa la quota di anziani che si sono rivolti a medici specialisti o hanno effettuato esami

specialistici (63,2% e 43,2% rispettivamente, tassi standardizzati per età). Le donne utilizzano più

frequentemente degli uomini i servizi sanitari ambulatoriali (90,9% medico di famiglia; 66,6% medici

specialisti; 50,2% accertamenti diagnostici). Il divario di genere è più ampio a 65-74 anni mentre tende

ad annullarsi dopo i 75 anni.

Glii anziani che si sono rivolti al medico difamiglia sono il 50,6% (-10 punti circa rispetto al 2015). Risulta stabile al

27,9% il ricorso a medici specialisti.

Il 14% degli anziani si è rivolto a un professionista della riabilitazioneiv almeno una volta nei dodici mesi

prima dell’intervista. La quota è più bassa tra i 65-74enni (12,8%) e sale al 15,2% a 75 anni e più. Le

donne anziane ricorrono maggiormente a queste prestazioni sanitarie (15,8%) rispetto agli uomini

(11,8%) e il gap di genere rimane elevato in tutte le fasce di età.

Tra gli over65, il 13,9% riferisce di avere avuto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, almeno un ricovero

ospedaliero, in diminuzione rispetto al 2015 (15,1%). Ha avuto bisogno di cure ospedaliere circa un

anziano su 10 di 65-74 anni e due su 10 di 85 anni e più.

Circa un terzo degli anziani ricoverati ha trascorso tra una e tre notti in ospedale, una quota significativa,

pari al 30,1%, almeno due settimane in una struttura di ricovero e il 17,1% almeno tre settimane (19,4%

a 85 anni e più). Gli uomini anziani si ricoverano di più delle donne (15,7% contro 12,5%) e il divario è

massimo a 65-74 anni (rispettivamente 12,5% e 8,8%). Nel territorio non si osservano differenze

significative: 14,2% al Nord, 13,4% al Centro e 13,3% al Sud e nelle Isole (tassi standardizzati).

La presenza di problemi di salute e la perdita di autonomia determinano un aumento dei consumi

sanitari degli anziani, in particolare dopo i 75 anni, con tassi di ricorso a medici specialisti e ricoveri

ospedalieri circa 1,5 volte più elevati della media. Aumenta in maniera significativa anche la domanda

di esami specialistici e di prestazioni di riabilitazione, in particolare in presenza di severe difficoltà nelle

attività di cura della persona. L’effetto della compromissione dello stato di salute sull’incremento dei

consumi sanitari che riguardano entrambi i generi.

Prima della pandemia meno difficoltà di accesso ai servizi sanitari

Nel 2019, il 10,2% degli anziani ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria per motivi economici,

inclusi non solo esami e cure mediche o dentistiche, ma anche psicoterapie o consumo di farmaci

prescritti (in calo rispetto al 12,5% del 2015). Si riduce – passando dal 22,3% del 2015 al 19,6% nel

2019 – anche la quota di over 65 che hanno dovuto rinviare prestazioni sanitarie (visite mediche, analisi

cliniche, accertamenti diagnostici, ecc.) a causa di lunghe liste di attesa. Questi miglioramenti hanno

riguardato in particolare gli anziani fino a 84 anni mentre tra gli over 85 non si sono osservate variazioni

significative.

Le difficoltà di accesso ai servizi sanitari sono riferite soprattutto dagli anziani di 75-84 anni, eccetto la

rinuncia a esami o trattamenti dentistici per motivi economici che è più elevata tra i 65-74enni (6,0%).

Il divario di genere è più accentuato per la rinuncia a esami o cure mediche per motivi economici (4,3%

per gli uomini e 6,4% per le donne) e meno evidente per il ritardo con cui si ottiene una prestazione

sanitaria per le lunghe liste di attesa (19,0% negli uomini di 65 anni e più, 20,1% nelle donne della

stessa età).

Tra gli anziani ultrasettantacinquenni “forti consumatori” di prestazioni sanitarie o con problemi di salute

o di autonomia aumenta la quota di coloro che hanno difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie. Ad

esempio, la rinuncia a esami e cure mediche per motivi economici interessa il 4,9% degli uomini e il

7,0% delle donne. Tra i consumatori di quattro o più servizi sanitariv i valori salgono rispettivamente a

7,1% e 9,1%, in presenza di almeno una patologia cronica grave e multimorbilità a 7,4% e 9,3%. Nella

stessa fascia di età le quote di anziani con severe difficoltà nelle attività di cura della persona

raggiungono il 5,9% tra gli uomini e l’8,6% tra le donne, mentre per coloro che hanno gravi difficoltà

nelle funzioni motorie sono rispettivamente l’8,6% e l’8,5%.

Nel territorio le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie sono più elevate della media al Sud e nelle

Isole e più basse al Nord-ovest e Nord-est. Il divario territoriale è più contenuto per il rinvio delle

prestazioni causato da lunghe liste di attesa (tasso standardizzato minimo 15,3% nel Nord-est,

massimo 24,8% nelle Isole), mentre è più ampio per la rinuncia dovuta a motivi economici, in particolare

per i farmaci prescritti da un medico (10,6% al Sud, 1,5% nel Nord-est) e per esami e cure mediche

(8,7% al Sud

Si accentuano le disuguaglianze sociali per gli anziani con ridotta autonomia

Utilizzando come indicatori di status socio-economico il livello di istruzione e il reddito, si conferma per

la popolazione anziana il noto svantaggio delle persone con bassi livelli di reddito e di istruzione nelle

condizioni di salute e nelle possibilità di accesso alle cure. L’intensità delle disuguaglianze sociali nella

salute è però più elevata se valutata mediante il livello di istruzionevi rispetto al reddito.

In particolare, tra gli over65 che hanno al massimo la licenza elementare, la quota di anziani con gravi

difficoltà nelle attività di cura della persona è circa tre volte più elevata di quella osservata tra i coetanei

con un diploma di scuola secondaria o un titolo di studio più elevato (11,2% e 3,4% negli uomini, 18,2%

e 6,8% nelle donne); tale divario si è ampliato rispetto al 2015 tra gli uomini (9,8 contro 4,4%). Una

parte di queste differenze è dovuta alla diversa struttura per titolo di studio nelle classi di età. Infatti, il

divario dei tassi per livello di istruzione si riduce, in particolare fra le donne, considerando la classe di

età 65-74 anni (3,4% contro 2,6%, rapporto pari a 1,3) e la classe 75 anni e più (25,1% contro 14,9%,

rapporto pari a 1,7).

I differenziali per titolo di studio sono simili nel territorio, sebbene al Nord le prevalenze siano più basse

rispetto al Sud e alle Isole.

Per le persone con gravi limitazioni motorie, sensoriali o cognitive si hanno prevalenze doppie tra gli

anziani meno istruiti rispetto a quelle osservate tra gli anziani con alto titolo di studio (30,6% e 15,0%

negli uomini, 42,0% e 19,7% nelle donne). Anche in questo caso le differenze per livello di istruzione si

riducono leggermente all’interno delle classi di età con diseguaglianze in lieve aumento rispetto al 2015.

Più contenuti i differenziali rispetto al reddito familiare: tra gli anziani con un reddito familiare nel primo

o secondo quinto, la quota di quanti hanno gravi limitazioni funzionali è di circa 1,5 volte più elevata di

quella rilevata tra i coetanei con un reddito familiare nel quinto di reddito più elevato.

Disuguaglianze rispetto al livello di istruzione tra gli anziani si rilevano anche per la presenza di

patologie croniche. Riferisce almeno una malattia cronica grave il 48,4% delle donne meno istruite

contro il 30,9% delle più istruite. Il divario per titolo di studio per la multimorbilità è più elevato fra gli

uomini (52,4% contro 38,1%), in particolare se residenti al Sud e nelle Isole (61,3% contro 39,0%).

Tra gli indicatori relativi alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari la rinuncia a servizi sanitari per motivi

economici ovviamente è molto influenzata dal reddito familiare ed è tre volte più elevata per gli anziani

a basso reddito (14,2% per gli uomini, 19,0% per le donne), rispetto ai coetanei ad alto reddito (4,7%

per gli uomini, 7,1% per le donne). Il divario secondo il reddito è ancora più pronunciato tra gli anziani

residenti al Nord per entrambi i generi: negli uomini la percentuale di over65 meno abbienti che hanno

rinunciato a prestazioni sanitarie per motivi economici è pari all’8,8% (tasso standardizzato) e scende

al 2,0% per i coetanei più abbienti; nelle donne i valori sono rispettivamente pari a 12,7% e 3,3%. Nel

tempo tali disuguaglianze si sono ulteriormente ampliate.

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