Istat: bassa crescita dei salari, nel 2022 a rischio 5 punti di potere di acquisto

Ad aprile cala la fiducia dei consumatori, sale per le imprese. Fatturato dell’industria al massimo storico: +2,8% a febbraio e +20% sull’anno

La crescita dei salari in Italia resta contenuta. Mentre aumenta la spinta inflazionistica che nel 2022 “porterebbe a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”. A fare il punto sullo scenario economico del paese è l’Istat.

La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2022 è dello 0,6% più elevata rispetto allo stesso periodo del 2021. L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2022 segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente, riporta l’Istat, e dello 0,7% rispetto a marzo 2021. In particolare, l’aumento tendenziale è stato dell’1,6% per i dipendenti dell’industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati ed è stato nullo per i lavoratori della pubblica amministrazione.

Le retribuzioni contrattuali nella media annua del 2022 dovrebbero crescere dello 0,8%. Per ora l’inflazione acquisita per l’anno è al 5,2%.   “Nel primo trimestre del 2022 – scrive l’Istat – la crescita delle retribuzioni contrattuali rimane contenuta. La durata dei contratti e i meccanismi di determinazione degli incrementi contrattuali seguiti finora hanno determinato un andamento retributivo che, considerata la persistenza della spinta inflazionistica, porterebbe, nel 2022, a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”.

Il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2021 e marzo 2022, è aumentato da 22,6 a 30,8 mesi, mentre per il totale dei dipendenti diminuisce lievemente (da 17,7 a 17,0 mesi).

Alla fine di marzo 2022,sottolinea l’Istat, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,6% dei dipendenti- circa 5,5 milioni – e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo.

Il fatturato dell’industria a febbraio è aumentato del 2,8% in termini congiunturali (+2,5% sul mercato interno e +3,6% su quello estero) raggiungendo il livello massimo dall’inizio della serie storica (gennaio 2000). Lo rileva l’Istat sottolineando che il fatturato è cresciuto su febbraio 2021, dato corretto per gli effetti di calendario, del 20,9% (+ 21,4% sul mercato interno, +20,2% su quello estero). I giorni lavorativi sono stati 20 come a febbraio 2021.

Si registrano incrementi tendenziali marcati per l’energia (+47,7%) e i beni intermedi (+31,6%), più contenuti per i beni di consumo (+15,3%) e i beni strumentali (+7,1%).

Nel trimestre dicembre 2021-febbraio 2022 l’indice complessivo del fatturato è cresciuto del 3,2% rispetto al trimestre precedente (+2,4% sul mercato interno e +4,5% su quello estero). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a febbraio gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale per tutti i principali settori: l’energia(+4,8%), i beni di consumo (+3,9%), i beni intermedi (+3,3%) e i beni strumentali (+0,8%). Su base annua si registrano incrementi tendenziali degli indici corretti per gli effetti di calendario molto marcati per l’energia (+47,7%) e i beni intermedi (+31,6%), più contenuti per i beni di consumo (+15,3%) e i beni strumentali (+7,1%).

Nel comparto manifatturiero gli aumenti tendenziali riguardano tutti i settori di attività economica, ad eccezione del comparto dei mezzi di trasporto (-2,4%) con incrementi significativi per il settore coke e prodotti petroliferi (+51,7%), per il legno e la carta (+34,5%), per la metallurgia (+34%) e per i prodotti chimici (+33,2%). Recupera il tessile abbigliamento con un +24,4% tendenziale.

“Prosegue a febbraio – commenta l’Istat – la crescita congiunturale del fatturato dell’industria, i cui livelli raggiungono il valore massimo dall’inizio della serie storica (gennaio 2000). Anche in termini tendenziali, l’incremento del fatturato è marcato; la crescita tuttavia risulta molto più contenuta considerando l’indicatore misurato in termini di volume” (+7,3%). Nel confronto tendenziale su dati corretti peri giorni lavorativi, l’incremento “interessa tutti i principali raggruppamenti di industrie, con aumenti particolarmente rilevanti per il comparto energetico”.

Ad aprile cala la fiducia consumatori, sale per le imprese

Ad aprile 2022 l’Istat rileva una diminuzione dell’indice del clima di fiducia dei consumatori che passa da 100,8 a 100,0, il valore più basso da novembre 2020. L’indice composito del clima di fiducia delle imprese aumenta lievemente passando da 105,3 a 105,5. Tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori sono in calo, ad eccezione del clima futuro (da 93,5 a 98,9). Per le imprese nell’industria manifatturiera l’indice di fiducia rimane sostanzialmente stabile (da 110,1 a 110,0) e nel comparto delle costruzioni aumenta ancora (da 160,1 a 160,6). Anche nel commercio al dettaglio la fiducia migliora.

Per i consumatori il clima economico scende da 98,2 a 97,3, il clima personale cala da 101,7 a 100,9 e il clima corrente registra la flessione più marcata, passando da 105,7 a 100,8. È in controtendenza rispetto alle altre componenti il clima futuro che aumenta da 93,5 a 98,9. L’indice di fiducia dei consumatori scende per il quarto mese consecutivo.

Per le imprese segnali discordanti provengono dai diversi comparti. Nell’industria manifatturiera l’indice di fiducia rimane sostanzialmente stabile, nel comparto delle costruzioni aumenta ancora leggermente. Nel commercio al dettaglio la fiducia migliora, con l’indice che sale 100,1 a 103,4 mentre nei servizi di mercato si registra un peggioramento con l’indice che scende da 98,9 a 97,0.

Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura tutte le variabili registrano un’evoluzione positiva ad eccezione dei giudizi sugli ordini mentre nelle costruzioni peggiorano solo le attese sull’occupazione. Con riferimento ai servizi di mercato, i giudizi sugli ordini e sull’andamento degli affari si deteriorano ma si stima un aumento delle attese sugli ordini. Nel commercio al dettaglio le scorte di magazzino sono giudicate in decumulo. Si registra un aumento della quota di imprese che segnala ostacoli all’attività produttiva (dal 46,5% al 53,3%). Tra i principali fattori che condizionano l’attività, prevale “Altri motivi” (la quota di imprese che hanno selezionato questa opzione passa dal 19,1% dell’ultima rilevazione al 25,6%) seguita dall’insufficienza di impianti e/o materiali (indice cresciuto dal 17,4% al 22,7%).

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