La fine della Sanità umbra raccontata da un medico dell’Ospedale di Perugia

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Pubblichiamo integralemnte la lettera inviata da Italia Sovrana

Un medico dell’ospedale di Perugia ci ha scritto per denunciare le drammatiche condizioni di lavoro in cui è costretto ad operare il personale sanitario in Umbria, e per lanciare un’accorato appello per la salvaguardia della sanità pubblica.

Come Italia Sovrana e Popolare – Umbria ci facciamo carico di questa sacrosanta battaglia a difesa della sanità pubblica. Fino a 6/7 anni fa eravamo una regione in cui la sanità era una eccellenza. Poi la giunta di centrosinistra della Marini e quella della leghista Tesei hanno portato al disastro attuale, con il blocco delle assunzioni e i continui tagli che saranno comunque insufficienti per evitare il sempre più probabile commissariamento.

Questo la lettera-appello del medico:

“Tra pochi giorni sarà ufficiale il commissariamento della sanità umbra. Se prima era una minaccia distopica, ora sta divenendo realtà. Ciò significa la fine di un percorso iniziato anni fa con il governo regionale precedente, accelerato dall’attuale giunta e portato a termine: chiudere la sanità pubblica.

Vi parlo da Dottore dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. La situazione attuale è drammatica: zero assunzioni (il personale in pensionamento supera di gran lunga le assunzioni), turni massacranti (una media di oltre 12 ore al giorno in alcuni reparti), impossibilità di reperire farmaci salvavita (anche per costi irrisori), chiusura di interi reparti o di parte di essi (per razionalizzare), zero investimenti nella ricerca medica (affidata quasi del tutto al volontariato di qualche “santo” o alle aziende farmaceutiche), quasi totale impossibilità di eseguire riparazioni di macchinari diagnostici/terapeutici (rottura di macchinari per scarsa manutenzione degli stessi, costringendo a volte a mandare i pazienti presso altri centri privati o presso altri ospedali per eseguire semplici esami di follow-up o diagnostici, anche per patologie gravi).

‘Razionalizzazione’: così la chiamano. Il vero significato però è: riduzione dei costi sulle spalle dei pazienti (sia in termini di pagamento, sia di salute degli stessi). I pazienti ora si ritrovano a pagare i costi relativi alla propria cura: esami diagnostici, farmaci e perfino trattamenti completi (ovviamente solo se possono permetterselo, altrimenti i tempi si allungano fino a rendere a volte tardivo l’inizio del trattamento idoneo). Io voglio fare il medico pubblico, ma in queste condizioni è sempre più difficile, al limite dell’impossibile.

Il medico, che se ne dica, non è un lavoro come un altro: curare le persone è qualcosa di profondamente nobile. MA NON MI PERMETTONO DI FARLO NELLE MODALITA’ ADEGUATE. IO VOGLIO ESSERE UN MEDICO PUBBLICO: non voglio guardare il portafoglio dei pazienti per decidere come e quando curarli! IO VOGLIO ESSERE UN MEDICO PUBBLICO: voglio lavorare in un ospedale che possa mettere la salute del paziente al primo posto, e non la gestione della spesa.

Sia chiaro, è razionale eseguire esami e somministrare terapie seguendo una logica che possa ridurre i costi per l’azienda ospedaliera. Io sono il primo a non eseguire esami diagnostici se non strettamente necessari; a non eseguire terapie se non con la logica della potenziale efficacia delle stesse. Ma ora nemmeno il minimo necessario è più consentito, né garantito, da una politica che decide non in base agli interessi della maggioranza della popolazione ma solo per una parte ristretta e ricca di essa.

Vengano a vedere dentro i reparti com’è la situazione lavorativa, ma non con le ‘visite di cortesia’ di 10 minuti volte solo a fare passerella. Vengano alle 7 di mattina e restino fino alle 22 del giorno stesso senza neppure pausa pranzo (come molti dei turni a cui siamo sottoposti per la drammatica carenza del personale), sapendo che il giorno dopo e quello dopo ancora sarà sempre così, spesso senza sabato né domenica di riposo.

Vengano a vedere con i loro occhi la disperazione di pazienti e familiari quando una Risonanza Magnetica viene rinviata di una settimana per rottura del macchinario o quando un farmaco fondamentale non è disponibile in ospedale mentre è comodamente presente tra gli scaffali di una qualsiasi farmacia al di fuori di esso. Vengano a vedere infermieri che si feriscono con materiale non protetto o medici che svengono per ipoglicemia. Vengano a vedere come una patologia oncologica viene curata privatamente….ah no!! Il privato cura solo cose economicamente convenienti: le patologie gravi e le emergenze sanitarie sono tutte sulle spalle della bistrattata e martoriata sanità pubblica.

Vi chiedo in ginocchio: permettetemi di essere un medico pubblico! Permetteteci di curare le persone nei modi più adeguati! Permetteteci di offrire a tutti la garanzia che in caso di malattia possano essere trattati nella maniera migliore possibile indipendentemente dal loro reddito.

Aiutateci a salvare la sanità pubblica! Perché un politico corrotto un posto letto per sé o per qualche suo amico lo troverà sempre (nelle cliniche private), ma per la maggioranza delle persone che, come me, hanno dovuto sudare ogni piccolo e minimo traguardo nella vita, non ci saranno altre possibilità di cura. La fine della sanità pubblica (in Umbria così come in Italia) è la morte del popolo.”

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