Elezioni regionali , boom di astensionismo oltre il 60%

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(www.rainews24.it).- Il dato è eclatante e drammatico. Il 60% degli elettori non ha votato: un numero altissimo, su cui vincitori e vinti di queste elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia sono chiamati a riflettere. E non solo loro. Diversi i motivi che secondo vari sondaggisti hanno determinato la scarsa affluenza. Il primo fattore sarebbe da ricercare nella divisione delle opposizioni sia in Lombardia che nel Lazio. Che ci sia una “tendenza generale” alla discesa della partecipazione viene sottolineato da Roberto Weber, dell’Istituto Ixé, da Salvatore Vassallo, dell’Istituto Cattaneo e da Lorenzo Pregliasco di Youtrend. “C’è una crisi della politica – dice Weber – una dissociazione tra rappresentati e rappresentanti”. 

Guardando ai dati nel Lazio solo un abitante su tre si è recato alle urne: ha votato il 37,2% degli aventi diritto contro il 66,5% del 2018, quando però si disputò un election day (con le Politiche). Ancora più basso, come ha spiegato Pregliasco, il dato su Roma città: nella Capitale ha votato il 33,1%, poco meno di un avente diritto su tre. In Lombardia il dato finale dell’affluenza si è attestato al 41,61% contro il 73,8% di cinque anni fa quando, peraltro, si votò in un solo giorno e contro il 64,6% del 2010 che era stato finora il dato più basso. Il trend è in atto da tempo, negli ultimi dieci anni l’affluenza alle Regionali è andata calando ma finora non era mai scesa così tanto. I numeri assoluti restituiscono la dimensione del problema astensionismo molto più delle percentuali: nelle regionali 2023 i votanti sono stati 5,1 milioni, mentre erano stati 8,9 milioni nelle precedenti regionali del 2018.

L’idea di fondo sembra essere quella per cui “le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose”, spiega Pregliasco. E infatti anche alle politiche del 25 settembre votò appena il 63% degli aventi diritto. Poi c’è un elemento specifico delle Regionali, che, aggiunge Pregliasco, “sono a metà tra le comunali e le nazionali”: non sono un Ente vicino come i Comuni ma neanche politicamente rilevanti come quelle per il Parlamento. “Questo risultato vendica quello delle Regionali in Emilia Romagna del 2014 – ricorda Vassallo – quando votò il 37% (come oggi nel Lazio ndr) e si mise in discussione la legittimità del vincitore” cioè Stefano Bonaccini. 

Viceversa, la tornata successiva sempre in Emilia, si caricò di rilevanza nazionale per lo scontro Bonaccini-Salvini, “e allora votarono il 70% dei cittadini” sottolinea Pregliasco.   Ma tutti rimarcano che un “disincentivo” al voto è stato “l’esito scontato” a causa della compattezza del centrodestra, a cui hanno risposto le opposizioni divise. In tutto l’elettorato c’era “la consapevolezza che in assenza di una coalizione larga per il centrosinistra non c’è storia”, dice Vassallo.  

“In una elezione a turno unico come le regionali, senza campo largo il centrosinistra non è competitivo” sentenzia Giovanni Diamanti di Youtrend. Ma, osservano i sondaggisti, l’astensionismo ha colpito più le opposizioni, specie M5s e Terzo Polo, in particolare nel Lazio dove l’impressione è stata “la smobilitazione”. 

Quel che è certo – viene sottolineato – è che se la tendenza all’astensionismo prosegue, “salta una rotella del motore della democrazia”. E nessuna forza politica, in tal caso, avrebbe molto da festeggiare. 

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