Bancari, ancora turbolenze nei sindacati. Dopo la Cgil, dimissioni anche in Cisl

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A metà luglio si deciderà il destino di Giuliano Calcagni, dimissionario segretario generale della Fisac Cgil che, insieme alla sua intera segreteria nazionale, ha rimesso il mandato nelle mani del leader Cgil, Maurizio Landini. Dopo aver brillantemente chiuso il miglior contratto nazionale della categoria degli ultimi 15 anni (approvato, dopo decenni, all’unanimità dal comitato direttivo Fisac, solo con qualche sparuta astensione), dopo aver gestito positivamente i piani industriali dei principali gruppi bancari e tutta l’emergenza Covid.

Calcagni, racconta chi segue da vicino le vicende dei sindacati del credito, è stato di fatto sfiduciato da una parte di quella maggioranza che lo elesse il 29 novembre 2018 con una lettera firmata da un gruppo di dirigenti sindacali. Gli viene imputata, da alcuni, la condizione “a-democratica, accentratrice, autoritaria, a tratti intimidatoria del dissenso e una certa inadeguatezza”.

Con ogni probabilità – la storia nella Fisac Cgil si ripete puntualmente da diversi anni – non sarà un bancario a guidare l’organizzazione nei prossimi due anni, ma un segretario confederale spedito da Landini a rimettere in carreggiata sia gli oppositori di Calcagni sia i suoi sostenitori. Insomma, spiega ancora chi segue da vicino le vicende dei sindacati dei bancari, in Fisac Cgil chi lavora bene viene contestato con lettere assolutamente prive di contenuti politico-sindacale ed è messo nelle condizioni di dimettersi perché ad alcuni, più che i risultati portati ai lavoratori, interessa una certa visibilità e il mantenimento di determinate rendite e posizioni che saranno sicuramente azzerate dal “commissario” che invierà la Cgil. A che cosa è servita questa presa di posizione contro Calcagni e la sua segreteria? A niente, se non a evidenziare, se mai ce ne fosse bisogno, fanno notare gli addetti ai lavori, quel senso di masochismo, che da tempo pervade una parte della stessa organizzazione.

Andrea Deugeni

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