(fonte:www.rainews24.it) Al procuratore di Brescia Francesco Prete ha detto che ci sarebbe un testimone austriaco in grado di scagionarlo dall’accusa di aver ucciso Mario Bozzoli gettandolo nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno l’8 ottobre 2015
È stata ritrovata dalla polizia spagnola la Maserati Levante di Giacomo Bozzoli, utilizzata dal 39enne per lasciare l’Italia il 24 giugno scorso nel tentativo di sottrarsi alla giustizia. La vettura è stata ritrovata a Marbella, in una stradina secondaria della località scelta da Giacomo Bozzoli per trascorrere alcuni giorni di vacanza con la compagna e il figlio prima di svanire nel nulla l’1 luglio inseguito al pronunciamento della Cassazione che lo ha condannato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario gettato nel forno della fonderia di famiglia l’8 ottobre 2015.
Al procuratore di Brescia Francesco Prete, Bozzoli ha detto che ci sarebbe un testimone austriaco in grado di scagionarlo dall’accusa. Ha anche annunciato di aver inviato una lettera al procuratore Prete, al procuratore generale Guido Rispoli e al presidente della prima sezione penale Roberto Spanò, il primo giudice che lo ha condannato.
La Procura di Brescia ha chiesto e ottenuto il trasferimento del 39enne dal carcere Canton Mombello a quello di Bollate dove è arrivato nella prima serata. La decisione è stata presa perché c’è il timore che Bozzoli possa compiere atti autolesionistici.
Bozzoli è stato arrestato con un blitz dei carabinieri nella sua villa di Soiano. L’ ex imprenditore secondo il pm, “è tornato per vedere il figlio, la molla è stato lui” . Bozzoli aveva con sé un borsello con 50mila euro, e gli inquirenti si dicono convinti che la fuga sarebbe potuta proseguire ancora.
Ma secondo quanto rivelato da alcuni quotidiani sarebbe stata l’accensione dell’aria condizionata a “tradire” la presenza dell’uomo nella sua villa sul lago di Garda. Era infatti in funzione giovedì scorso il motore esterno dell’aria condizionata. Segno che qualcuno si trovava all’interno. Così i carabinieri, già in zona perché insospettiti da una telefonata su una delle utenze intercettate, hanno perquisito le stanze della residenza e lo hanno trovato nel cassettone del letto, nascosto.
L’ uomo ha chiesto di poter vedere il figlio di 9 anni e si è informato su come fare per poterlo incontrare al più presto. Una richiesta che confermerebbe le ipotesi avanzate il giorno prima dagli investigatori, che avevano legato il rientro in Italia di Bozzoli alla volontà di poter stare con il figlio. Il bambino era stato ascoltato in procura il 10 luglio, fino a tarda sera, in ambiente protetto e aveva confermato la versione già fornita agli investigatori dalla madre, Antonella Colossi: non sapeva dove si trovasse il padre.
Bozzoli è stato rintracciato e arrestato giovedì nella sua villa a Soiano, dopo 11 giorni di latitanza. Si era fatto crescere barba e baffi. Quando i militari dell’Arma lo hanno trovato, Bozzoli, che non era armato, non ha opposto resistenza. Fuggito in Spagna, a Marbella, aveva fatto rientro in Italia “nelle ultime abbondanti 24 ore”, utilizzando “auto prese a noleggio”. Non è dunque tornato con la sua Maserati Levante, avvistata l’ultima volta nel territorio bresciano lo scorso 23 giugno e ripresa dalle telecamere di sorveglianza tra Soiano, Manerba e Desenzano.
Con il passare delle ore si chiarisce come sia arrivata la svolta nella caccia all’uomo. Alle 5.30 di giovedì infatti uno dei sistemi di captazione installato dagli inquirenti ha rilevato un segnale che ha fatto capire che il fuggitivo era in provincia di Brescia, arrivato con un’auto a noleggio. A quel punto i militari hanno messo sotto sorveglianza tutte le proprietà della famiglia: le case di Brescia, Soiano del Lago e Marcheno ma anche le diverse fabbriche. Così come è stata ulteriormente rafforzata la sorveglianza sui familiari. Nel primo pomeriggio anche una delle telecamere della casa di Soiano del Lago, quella in cui Giacomo Bozzoli viveva con la compagna e il figlio fino a prima della latitanza, ha rimandato un segnale anomalo che è stato interpretato come la conferma che il latitante si trovasse all’interno.
Secondo il procuratore capo di Brescia, Francesco Prete, Bozzoli non aveva intenzione di costituirsi. La procura di Brescia ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di ‘procurata inosservanza della pena’ e proseguono le “dovute” verifiche in merito alla fuga all’estero di Bozzoli, nei confronti del quale era stato anche spiccato un mandato di cattura internazionale.
Non manca poi un nuovo colpo di scena. Bozzoli, proclamandosi innocente, ha infatti detto di avere un testimone austriaco che lo scagionerebbe. Lo ha riferito al procuratore capo annunciando anche di avergli inviato una lettera – in copia anche al procuratore generale Guido Rispoli e al presidente della prima sezione penale Roberto Spanò, il primo giudice che lo ha condannato – che però nessuno ha ancora ricevuto.
Giacomo Bozzoli lo scorso primo luglio è stato condannato dalla Cassazione per l’omicidio dello zio, Mario Bozzoli, avvenuto l’8 ottobre del 2015. Il corpo era stato gettato nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno. Per i giudici, Bozzoli avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni e avrebbe chiesto a un dipendente – trovato morto, dopo essersi suicidato, il 18 ottobre 2015 – di ‘disfarsi’ del cadavere dietro compenso.