Comunicato stampa
L’associazione Vivi Torregrotta nell’ambito dei progetti socio-culturali in progetto per la cittadina di Torregrotta per l’anno 2012 organizza una mostra di pittura a tema libero ed esposizione fotografica dal tema “Città e natura: connubio tra architettura e ambiente” dedicata al maestro d’arte Pippo Bottari (1953-2001).
Pippo Bottari – pittore Torregrotta 1953 – 2001.
Figlio di una famiglia semplice, aveva una devozione per il padre, il quale a volte aggressivo, a forgiato la sua personalità.
Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Messina e Milazzo, associato a corsi di pittura privati, conseguendo i diplomi di Maestro d’arte e di Arte Applicata.
Un artista che riusciva a trasferire in modo mirabile sulla tela tutta la sua rabbia per un mondo ingiusto, l’incommensurabile voglia di libertà, l’incessante volontà di scavare dentro i più reconditi angoli dell’animo umano. Ogni suo quadro è un romanzo che non si finisce mai di leggere, più lo guardi e più trovi in qualche angolo o in qualche sfumatura di colore una parte dell’artista (ma anche del dolore dell’umanità).
Dipingeva prettamente di notte e prediligeva la tecnica della spatola. Fu anche insegnante.
Partecipò a numerose mostre e collettive, acquisendo premi.
1971 Premio Fuci (Me)
1975 “Città di Spadafora” (Me) – 1° premio
1978 Estemporanea “Città di Manforte S. Giorgio” (Me)
1979 “Città di Rometta” (Me) – 2° premio
1988 Collettiva “Città di Torregrotta” (Me)
1990 “Collettiva di Villafranca Tirrena” (Me) – finalista
1991 Collettiva “Città di Venetico”
1991 “Città di Villafranca Tirrena (Me) 4° premio
Le sue opere si trovano in numerose collezioni private in Italia (Roma, Fiuggi, Firenze, Napoli, Bari, Torino, Milano) e all’estero (Monaco, Montreux, Martigny, Toronto, New Jersey, Stoccarda).
Bottari possedeva una personalità particolare, vera di un artista.
Ha iniziato come tutti gli artisti dal semplice acquerello, i paesaggi, gli astratti fatti con carboncini colorati e creta, alla spatola che prediligeva e che contraddistingue le sue effigi.
Aveva l’abitudine di lasciare dediche sul retro dei quadri, descrivendo in pensieri la sua interiorità: “… Io sono un sogno malato…una bugia capovolta…la faccia mascherata di un dado truccato…!?
Spesso di notte mi sorreggo a stento, però c’è sempre la mia luna d’argento che mi ricorda dei miei 99 amori…nessuno…o forse 100”.
Bottari ha vissuto la mancanza di una compagna di vita, infatti nel suoi quadri, la donna è spesso richiamata, come la trilogia delle tre figure, il senso della famiglia che gli è venuto a mancare da alcuni punti di vista come stabilità e che non ne ha mai formato una sua.
E ancora: “…Gli artisti siamo come mistiche albe in cattedrali d’aria… Venti Tzigani orientano la nostra esistenza.
Sì, è vero siamo bizzarri, lunatici e , spesso conduciamo una vita da bomier.
Siamo orgogliosi, ribelli, a qualsiasi imposizione, ma siamo veri, autentici.
Personalmente per lungo tempo ho vissuto tra i sussulti della solitudine e i soprassalti della malinconia (è sicuro che sia colpa mia?)
Adesso alterno momenti di euforia a momenti di umana reazione nevrotica”.
In questo pensiero è forte il tema della libertà che lui rincorre incessantemente, ed espone l’indifferenza di cui è stato protagonista, come anima vagante, malinconico, senza via d’uscita.
Solitudine, questo è stato il grande male dell’artista.
Si sentiva un uomo a metà, rifiutato, non aiutato dal prossimo. Era una persona generosa, regalava i suoi quadri e vendeva a pochi danari.
Era uno spirito libero.
A cura di Nicoletta Perrone